La croce è uno dei simboli fondamentali del Cristianesimo: nel XIX secolo in Toscana e, soprattutto nell’area pistoiese, ne furono installate tantissime. Molto merito di tutto ciò va a un particolare personaggio, la cui origine e data di nascita non sono mai state accertate: Baldassarre Audiberti. Sembra impossibile ma molte croci anche ancora vediamo sono opera sua e si riferiscono agli anni che vanno dal 1843 al 1847. Sul piedistallo di alcune è ancora inciso il suo nome. Naturalmente molte sono state restaurate, altre no, ma le croci sono numerose, basta guardare in giro.
Simboli posti sulle croci e quello che rappresentano (tratto da “Le Croci del Mistero” di Luca Bertinotti Edizioni Gli Ori)
Colomba (Spirito Santo) – Ramo di palma (Gesù che entra in Gerusalemme, ma anche segno di martirio) – Calice (da cui bevve Cristo durante l’Ultima Cena, ma anche utilizzato per raccogliere il suo sangue), Caraffa (dalla quale venne versato il vino nel calice) – Pane (dell’Ultima Cena), – Tunica (indossata da Gesù) – i Trenta Denari (o il Borsello, che simboleggiano il tradimento di Giuda – Lanterna (portata dai soldati che arrestano Gesù) – Gallo (che cantò tre volte quando Pietro rinnegò Gesù) – Catene (con cui fu legato Gesù) – Figure Umane (come Giuda, Caifa o l’uomo che sputa al volto di Gesù) – Mano guantata (del servo del sommo sacerdote che schiaffeggiò Gesù) – Spada di Pietro (che mozzò l’orecchio di Malco, servo del sommo sacerdote) – Orecchio di Malco – Spugna (posta in cima ad una canna, come quando, imbevuta d’aceto fu usata per dare da bere a Gesù) – Vaso (utilizzato per contenere fiele e aceto) – Corona di spine (che venne posta sul capo di Gesù) – Manto (color porpora fatto indossare a Gesù per scherno) – Canna (simulacro dello scettro, messo in mano a Gesù per scherno) – Velo della Veronica (con impresso il volto di Gesù), Collana (dove Gesù fu frustato) – Corda (con cui fu legato) – Frusta (con cui ricevette trentanove frustate) – Triplice monte (posto sul basamento della croce rappresenta il Calvario) – Teschio di Adamo (secondo la leggenda Gesù fu sepolto nel Golgota, che in aramaico significa “luogo del cranio”) – Vera Croce (su cui fu crocifisso) – Croci (con i due ladroni, ma cosa che si vede raramente) – Dadi (con cui i soldati tirarono a sorte per prendere la tunica di Gesù) – Cartiglio con l’iscrizione INRI (Iesus Nazarenus Rex Iudearum)- Chiodi (della crocifissione) – Martello (usato per inchiodare le mani e i piedi di Gesù) – Cuore ferito (le cinque piaghe di Gesù) – Lancia di Longino ( che inflisse l’ultima delle cinque ferite al suo fianco) – il Sole e la Luna (simboleggiano l’eclissi che si verificò durante la crocifissione) – gli Angeli afflitti (che volarono intorno a Gesù crocifisso: cosa che si vede raramente) – Scala (utilizzata per la deposizione) – Tenaglie (utilizzate per rimuovere i chiodi) – Sudario (usato per avvolgere il corpo di Gesù prima della sepoltura, Sacra Sindone) –
Baldassarre Audiberti (testo tratto da “Le Croci del Mistero” di Luca Bertinotti Edizioni Gli Ori)
Baldassarre Audiberti nacque in provincia di Vercelli il 6 gennaio 1758: non abbiamo notizie certe dei suoi primi trentasei anni di vita. Sappiamo che, colto da una profonda crisi religiosa, lasciò il paese di origine per visitare i luoghi santi d’Italia. Nell’ottobre del 1795, di ritorno da Roma, si recò nel Santuario di Chiusi della Verna, dove fu accolto dai frati francescani e dove si trattenne circa quaranta giorni, per espiare, con digiuni e penitenze anche corporali, i suoi arcani peccati di gioventù. Ripartì poi, per abbracciare un’esistenza da pellegrino penitente, che non abbandonò mai, salvo per un periodo (gennaio 1818 – aprile 1819) in cui fu oblato presso il Monastero di Camaldoli. Per quanto sappiano è sul fini dell’anno 1795, a Pian di Scò, che l’Audiberti iniziò l’operato per cui divenne celebre. La sua fama di “Santo delle Croci” si accrebbe rapidamente in tutto il Valdarno e oltre: troviamo tracce del passaggio di Baldassarre in Toscana e nel Lazio, ma anche in Umbria, Romagna e in Abruzzo, dove dove nel 1799 si riparò dai disordini provocati dall’occupazione toscana da parte delle truppe napoleoniche. L’Audiberti fu quindi ospite dei parroci di molti paesi ove si prodigò nella sua attività di predicazione popolare, di assistenza ai bisognosi e nell’innalzare croci della Passione, probabilmente coadiuvato da fabbri e falegnami locali, il che concorse a rendere le croci differenti da luogo a luogo. L’eco del forte legame con cui il nome del pio Baldassarre era automaticamente accostato alle sue opere è arrivata fino ai nostri giorni. Ancora oggi nel sud della Toscana e in Umbria col termine “Croci di FEBO” s’identificano le croci in ferro con i simboli della Passione. Il significato della scritta “FEBO”, che spesso ancora è ancora oggi visibile sul basamento, è tradizione considerarlo l’acronimo della frase latina “Fecit Erigere Baldassarre Au(O)dibert”, ossia “Baldassarre Audiberti fece innalzare (questa croce)”. In ogni località che visitava, Baldassarre era accompagnato da un “gran concorso di popolo”, che si esaltava al solo vederlo, tante vaste divennero la sua celebrità e l’usanza che egli istituì. Benché generalmente molto apprezzato nella sua epoca, il frenetico vigore spirituale con cui l’Audiberti diffuse in pochi anni (1835 – 1847) il culto della Croce nel Centro Italia potrebbe essere considerato quasi maniacale. Per quanto vissuto in fama di santo, Baldassarre non fu mai beatificato dalla Chiesa. Certamente il Nostro agì con profonda convinzione di fede, ma incontrò anche alcuni detrattori lungo il suo cammino. Precedeva il suo arrivo un’aura di mistica attesa e la candida curiosità, soprattutto della gente di animo semplice, su cui i suoi sermoni avevano facile presa. Ciò gli risultò senza dubbio d’aiuto per ricevere il minimo supporto giornaliero (un pasto caldo un riparo dalle intemperie) tanto da permettergli di proseguire nei suoi tenaci propositi. Al contempo, inoltre, la figura dell’Audiberti riusciva a infondere un profondo senso di devozione nella gente ed era perciò assai ben accolta dai sacerdoti delle periferie, che si trovavano a svolgere le proprie mansioni in zone in cui il culto religioso era spesso fortemente contrastato. Nella provincia pistoiese Baldassarre Audiberti si recò, ormai ultra ottantenne, nel 1843. Te testimonianze del suo passaggio sono la tradizione orale e alcuni scritti, oltre alla lapidi di alcune croci, fra cui spiccano quelle di Chiazzano in Via Provinciale Pratese “Baldassar Audibert / p / anno domini / 1843” e quella di Sant’Agostino, oggi sostituita un più recente, come recita l’iscrizione del basamento “Per iniziativa del comitato parrocchiale il popolo di Sant’Agostino, in omaggio e di conservazione a Gesù Redentore, l’anno 1903 sull’area che Baldassarre poneva nel 1843”. Dal 14 al 17 marzo dello stesso anno fu in Agliana, chiamato da don Nesti, parroco della frazione di San Piero, per supervisionare e benedire il posizionamento di ben ventiquattro croci nell’arco di soli tre giorni. L’appassionato di storia locale Paolo Bini ritiene che la popolazione aglianese avesse richiesto il suo buon operato nel timore di qualche sciagura collettiva (epidemia? terremoto?), ma della reale motivazione non c’è pervenuta traccia. Sempre il Bini racconta che l’Audiberti, benvisto dal Granduca di Toscana Pietro Leopoldo, fu invitato ad innalzare anche la croce di Villa Smilea a Montale, all’epoca dimora dei Covoni Pandolfini, legata al Granduca stesso. Successivamente Baldassarre tornò nell’Aretino e ad Ottavo, piccola località nel comune di Arezzo, situata tra le frazioni di Rigutino e Vitiano (che deve il suo nome per trovarsi all’ottavo miglio della strada romana da Arezzo per Roma) si spense l’8 luglio 1852, alla veneranda età di 94 anni.