Poco prima dell’abitato di Aulla, alto sul colle dominante le valli del Magra, dell’Aulella e del Bardine, si erge il borgo di Bibola. Questo paese, per la particolarissima posizione geografica, interessa l’uomo fin dalla preistoria, ma sicuramente fu importante nodo stradale durante l’ultimo periodo della dominazione romana fino all’alto medioevo. Il toponimo sembra collegato ad un nome di epoca romanica, Bibolus, derivato dal verbo bibere e dunque al bere, che si accorda con la produzione di vino, da sempre esistente in questo paese. Molte sono le storie dell’appartenenza di Bibola alla storia Bizantina. Ed è proprio in questo periodo (VII secolo) che l’area viene inserita in un sistema di segnalazioni ottiche con fumo che interessano i castelli di Filattiera, Mulazzo e Montignoso. Stessa tecnica, ma con segnali luminosi, veniva usata dalle torri della Lucchesia. Una parte importante del borgo risale ai secoli XII e XII, mentre molti edifici ancora esistenti risalgono ai secoli XIV – XV come anche le fortificazioni di difesa. La prima notizia ufficiale risale alla citazione dell”anonimo ravennate della sua “Cosmographia” del VII secolo, che indica due itinerari: il primo lungo una serie di fortificazioni lungo la via che Luni andava a Lucca, l’altro attraverso Pulica, Bibola, Rubra e Corneda portava verso la Liguria. In seguito il borgo si trova menzionato nel codice Pelavicino dell’anno 1078. Il paese ha le case disposte a semicerchio e raccolte nella parte più esposta al sole. Sono generalmente disposte su due piani, uno dei quali, a causa della forte pendenza, è seminterrato. Durante il percorso si scoprono molti elementi decorativi di assoluto valore: portali, colonne del XV secolo con capitelli, stemmi; interessante è quello del TAU, scolpito nella pietra di un portale simbolo dell’ordine cavalleresco degli Ospitalieri di Altopascio. Soprattutto si ha la sensazione di camminare a ritroso nel tempo. La chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, citata in una bolla di papa Onofrio della seconda metà dell’XI secolo e i resti del castello, costituiscono altrettante testimonianze dell’importanza di questo borgo. La chiesa compare anche in una bolla di Anastasio IV del 1154; fu eretta a parrocchia prima del 1568 e il registro dei matrimoni inizia nel 1616, quello dei battesimi l’anno successivo. Numerosi rifacimenti sia esterni che interni hanno completamente cambiato l’aspetto originario. Al suo interno presenta alcune interessanti opere quali un tabernacolo, una Madonna del XVI secolo e un tempietto in marmo bianco. Nei pressi della chiesa, e nelle vicinanze del castello, fu edificata la Compagnia, al cui interno si trova un altare con un dipinto murale che raffigura la crocifissione. L’opera ha origini locali. Il castello nasce nei secoli XII e XII con la funzione di controllo della vallata e forse anche del porto di Luni, viene rimaneggiato, ristrutturato e ingrandito fino al XVIII secolo. I primi proprietari furono i vescovi di Luni, che provvidero alla fortificazione del borgo. Alla metà del XIII secolo passa ai Malaspina, per poi tornare ai vescovi. Nel 1306, anno della pace fra le due fazioni, è ancora feudo dei Malaspina, fino al 1543 quando viene acquistato dal genovese Adamo Centurione ed aggregato al feudo di Aulla. Nel 1569 risulta ancora funzionante e dotato di armamenti e munizioni, ma nel 1700 non ha più incarichi difensivi, nel 1800 è adibito a cimitero. Attualmente, sebbene in grave stato di degrado, è ancora in grado di testimoniare il suo antico splendore. Sotto la cima del monte Porro, che sovrasta il paese, troviamo le Grotte delle Donaneghe, che sono formate dall’accostamento di massi di roccia arenaria. La tradizione popolare riteneva che in questi luoghi vivessero delle streghe chiamate appunto Donaneghe.