GNONOMICA E ASTRONOMIA – LE MERIDIANE
DI ALBERTO SUCI

Capitolo 1
QUANDO SI ANDAVA CON IL SOLE …….ovvero quando le ombre solari regolavano la vita quotidiana…..

Capitolo 2
CHE ORE SONO? Riflessioni e divagazioni sulla misura del tempo… …

Capitolo 3
I Sistemi Orari 1° Parte.. …

Capitolo 4
I Sistemi Orari 2′ parte ……

Capitolo 5
Equinozi e solstizi….


Capitolo 1

QUANDO SI ANDAVA CON IL SOLE…….ovvero quando le ombre solari regolavano la vita quotidiana.

Riflessioni dello gnomonista Alberto Suci sulla misura del tempo.

Chi meglio di un sito dedicato alla natura poteva ospitare queste brevi note sulla misura del trascorrere del tempo utilizzando l’ombra solare? Andar per monti alla riscoperta delle bellezze naturali per goderne appieno del loro fascino è un vero toccasana per il corpo e per la mente per gli umani ridotti in schiavitù dai ritmi della vita moderna e intossicati dai suoi veleni, ora come non mai, di grande attualità. Certamente percorrendo i sentieri montani immersi nella natura l’uomo è pur sempre condizionato dai moderni e sofisticati strumenti tecnologici, orologio al quarzo regolato sulla precisissima ora atomica e, in quest’ultimi tempi, equipaggiati anche di GPS, prodigioso gingillo che dialoga con gli invisibili satelliti posizionati sopra la nostra testa per indicarci l’esatta posizione e

Meridiana a San Gimignano

tracciare senza errore alcuno la rotta percorsa per consentirci un sicuro ritorno al punto di partenza. Oggetti dunque senz’altro utilissimi, ma vuoi mettere quando per orientarci si memorizzava l’aspetto della natura circostante e soprattutto ci si regolava con il percorso apparente del Sole? Da tempo immemore fino praticamente a tutto il 1700 l’uomo ha utilizzato il Sole per regolare le sue quotidiane attività sia nelle campagne, sia nelle città. Prima con la osservazione della variazione dell’ ombra solare prodotta da un qualsiasi corpo solido, generalmente un asta, poi una colonna (gli obelischi egiziani) infine le meridiane, meglio dire orologi solari, senza dimenticare i primitivi raggruppamenti di giganteschi blocchi di pietra dei quali resta testimonianza nel grande monumento megalitico di Stonehenge; nasce, progredisce e si afferma la gnomonica. Non è però questa la sede per intrattenerci sulla lunghissima storia di questa scienza e sulla descrizione degli stupefacenti e precisissimi (se bene costruiti) marcatempo solari vera espressione di astronomia, arte pittorica e comunicazione di messaggi morali per mezzo dell’immancabile motto. Vogliamo soltanto sottolineare che per nostra fortuna oggi assistiamo alla loro riscoperta, forse per un inconscio desiderio di restare in qualche modo collegati ad un mondo che non esiste più. Sono allegate a queste poche parole le foto di tre orologi solari progettati dallo scrivente e realizzati dal noto scultore e restauratore d’arte pistoiese Giuseppe Gavazzi. Chiudiamo come d’obbligo citando un motto presente su molti orologi solari DUM LUOQUOR, HORA FUGIT (Ovidio): Mentre parlo l’ora fugge….., oppure con quello più solare SOL OMNIBUS LUCET: Il Sole splende per tutti.

Capitolo 2

CHE ORE SONO? Riflessioni e divagazioni sulla misura del tempo a cura dello gnomonista Alberto Suci.

Tempo Siderale, Tempo Solare Vero, Tempo Medio e Tempo Civile. Come si è detto nella precedente riflessione “Quando si andava con il Sole”, parlare di misura del tempo bene si addice in uno spazio dedicato alle iniziative che evidenziano un rinnovato desiderio degli umani di ristabilire un contatto con l’ambiente e le bellezze naturali. Prolungheremo quindi queste riflessioni e divagazioni cercando di approfondire meglio l’argomento, ripercorrendo velocemente le tappe significative

Meridiana posta sulla Chiesa di San Michele Agliana

della evoluzione dei criteri di misura del tempo e dei relativi sistemi che si sono avvicendati nel corso dei secoli in conseguenza delle mutevoli necessità degli umani. CHE ORE SONO è una espressione del modo di dire quotidiano. Viene ripetuta innumerevoli volte da ciascuno di noi a qualsiasi ora del giorno e della notte sia mentalmente quando rivolgiamo lo sguardo all’orologio, sia verbalmente quando ci rivolgiamo a qualcuno perché al momento non abbiano sott’occhio questo utilissimo e indispensabile strumento. La risposta: le 3 e 25 oppure le 11 e 30 e ancora le 18 e 10 e ancora nell’attesa di un nuovo anno……mancano 10 secondi alla mezzanotte: pronti con lo spumante! Ma cosa significa questo? Per noi umani sono semplicemente i riferimenti del trascorrere di un qualcosa di indefinito chiamato “tempo” il cui fluire è stato per comodità frazionato in porzioni chiamate secondi, minuti, ore, giorni che si ripetono in continuazione e dei quali teniamo conto (quelli trascorsi e quelli che verranno, in un “registro” chiamato Calendario. I numeri delle ore della notte ci danno l’idea di quanto manca al giorno per riprendere le consuete attività; quelli delle ore di luce per marciare in sincronia con gli appuntamenti quotidiani. Tutto questo in un contesto generale del trascorrere del tempo. Già cos’è il Tempo? Possiamo definirlo come la sensazione di un qualcosa di misterioso che spesso ci dà inquietudine, che

Meridiana

non possiamo arrestare. E’ un trascorrere di eventi, quelli del passato, quelli del presente, quelli del futuro. Per di più è una sensazione soggettiva che ciascuno di noi sente in modo personale legata allo stato d’animo: i momenti lieti sono sempre fugaci, i momenti tristi e dell’attesa non passano mai. Nel corso dei secoli raffinate menti pensanti hanno cercato di elaborare convincenti teorie dal punto di vista filosofico, religioso e scientifico del concetto Tempo, ma per ora per quanto mi consta nessuno ha fornito convincenti spiegazioni. Per questo mi trovo d’accordo con la risposta che invariabilmente forniva Albert Einstein a chi gli chiedeva cosa fosse il Tempo: “Il Tempo è quella cosa che si misura con l’orologio”. Riprendiamo il discorso sulle ore, cosa significano questi valori? A quale tipo di Tempo appartengono? Le ore indicate dall’orologio costituiscono il Tempo Civile, un concetto di Tempo puramente fittizio inventato dagli umani per avere una misura uniforme e costante. A ben considerare però l’essenza del problema, l’origine del tutto si riconduce alle immutabili (almeno per ora) leggi dell’Universo e al movimento che è stato impresso a tutti i corpi celesti dopo l’istante primordiale il cosiddetto “big-bang”. Distinguiamo quindi per primo il Tempo Siderale cioè il tempo che regola il movimento delle stelle compreso la stella che noi chiamiamo Sole. Questa grandezza di tempo non può essere utilizzata per gli usi pratici di noi terrestri perché non produce effetti visibili ed è quantificabile soltanto con strumentazione. E’ però utilizzata in astronomia per lo studio dei corpi celesti. Risulta molto più facile utilizzare il moto apparente del Sole, la stella intorno alle quale ruotano i nove pianeti compreso quello su cui viviamo chiamato Terra. I motivi sono facilmente comprensibili: appaiono subito evidenti le differenti posizioni di direzione e di altezza assunte dal Sole nell’arco diurno, giorno dopo giorno, ed è possibile misurare la direzione e la lunghezza dell’ombra prodotta dai raggi solari quando incontrano un corpo solido. Di questi effetti si resero subito conto gli esseri primitivi osservando appunto l’ombra solare fornita da ostacoli naturali quali rocce o alberi e soprattutto l’ombra prodotta dalla propria persona. Si costruirono subito riferimenti artificiali, con l’innalzamento di pertiche e colonne; i celebri obelischi egizi vennero innalzati per questa utilizzazione e poi decorati con i geroglifici che narravano di imperatori e di battaglie. Infine si inventarono e costruirono gli orologi solari. Furono gli antichi popoli Caldei e Babilonesi residenti nel bacino della Mesopotamia, oggi Iraq, che dettero inizio in modo razionale allo studio delle ombre solari, prima per elaborare un calendario che permettesse di conoscere l’avvicendamento delle stagioni, poi per misurare il trascorrere del tempo, ma anche per effettuare gli studi sulla astronomia di posizione che permisero di gettare le basi fondamentali della moderna ricerca. Da quei luoghi il sapere si trasferì sulle coste settentrionali dell’Africa e gli Egizi furono eminenti studiosi delle discipline astronomiche, geometriche e matematiche dando inizio alla scienza che poi i greci svilupperanno in modo eccelso che si chiama Gnomonica, parola di derivazione greca “gnomon onos” che significa giudice, indicatore di verità. Lo gnomone, per conseguenza, è l’asta che produce l’ombra sul quadrante dell’orologio solare. Per molti secoli lo studio e l’utilizzazione delle ombre solari che in antico si chiamava “Sciografia” e poi come detto Gnomonica, risultò predominante e questa scienza si sviluppò enormemente perché permetteva di misurare con esattezza il trascorrere del tempo, di effettuare verifiche scientifiche (altezza e direzione del Sole, inclinazione dell’asse terrestre, misure di latitudine e longitudine) e, cosa importantissima, era indispensabile per la compilazione dei calendari. Il tempo misurato con le ombre solari si chiama Tempo Solare Vero. Questa grandezza, basata sul movimento di rivoluzione della Terra intorno al Sole non si mantiene però sempre costante perché l’orbita descritta dalla Terra è ellittica e quindi percorsa a velocità variabile. Fino a quando le attività umane rimasero circoscritte su aree ben delimitate del territorio con attività agricole e artigianali predominanti, la misura del Tempo Vero andava più che bene; conoscere l’ora durante la notte o di giorno in assenza di Sole non era poi di grande importanza. Comunque esistevano altri strumenti di misura come gli orologi ad acqua – le clessidre, quelli a sabbia, le sabbiere, (chiamate oggi erroneamente clessidre) e i notturnali per rilevare l’ora traguardando determinate stelle. Con l’espandersi delle attività oltre il proprio ambito abituale e soprattutto con l’incremento dei traffici e la mobilità sul territorio, determinanti il telegrafo per le comunicazioni e il treno per gli ampi spostamenti, venne avvertita la necessità di disporre di una misura di tempo uniforme e costante e valida almeno su tutto il territorio nazionale alla quale fare riferimento senza alcuna ambiguità. Già nel 1300 apparvero i primi orologi meccanici a tempo costante, peraltro rudimentali e imprecisi tant’è che dovevano essere quotidianamente regolati con l’orologio solare, in questo caso la meridiana perché l’operazione veniva effettuata nell’istante del mezzodì solare. La persona preposta alla bisogna si chiamava “Temperatore”, mestiere peraltro esercitato fino nel tardo 1800!. La irregolarità del Tempo Vero diventa inaccettabile. Ecco che viene introdotto il concetto di Tempo

Meridiana

Medio, praticamente si immagina un “Sole medio” che si muove sull’equatore celeste a velocità costante, la media annuale delle velocità variabili del Tempo Vero. Ne consegue che il Sole Vero e quello Medio non passano al meridiano nello stesso istante; fra i due passaggi c’è una differenza in più o in meno a seconda delle stagioni, variabile ogni giorno, il cui valore massimo si raggiunge in novembre con il Sole Vero in anticipo di poco più di 16 minuti rispetto al Sole Medio. Questa differenza è definita “Equazione del Tempo”. Restava però ancora un problema da risolvere: il Tempo Medio così concepito è ancora un tempo locale perché regolato sul meridiano del luogo. Il mezzodì solare, istante in cui il Sole transita sul meridiano locale cioè il momento in cui esso si trova alla massima altezza sull’orizzonte a metà cammino fra il suo sorgere e il suo tramontare, non coincide ovviamente con altri luoghi. Il Sole “passa” in istanti diversi sui meridiani di località anche vicine fra loro, prima su quelli più ad Est dopo su quelli più ad Ovest. Per eliminare questo inconveniente si introduce il cosiddetto Tempo Civile o Tempo Legale o Tempo del Meridiano del Fuso. La superficie della Terra viene convenzionalmente divisa in 24 Fusi Orari delimitati da due meridiani distanti angolarmente fra loro di 15° corrispondenti ad un’ora di tempo. Ciascun meridiano assume la denominazione di Meridiano Centrale del Fuso sul quale viene regolato il Tempo Medio. Il Meridiano Fondamentale è quello passante per Greenwich presso Londra sul quale viene regolato il Tempo Universale (TU o UT) tempo ufficiale per ogni luogo della Terra. In Italia vige il Tempo Medio del 1° Fuso Est di Greenwich o Ora dell’Etna perché il relativo meridiano centrale 15° Est di GW passa per la direttrice Monte Etna – Termoli. Al 1° Fuso appartiene l’ora ufficiale anche di molte nazioni europee e perciò viene anche definito Tempo Medio dell’Europa Centrale. Le nazioni di notevole estensione che interessano più fusi orari, come gli Stati Uniti e la Russia, adottano al loro interno il cosiddetto “Tempo di Zona”. Una raccomandazione: non chiamate “Ora Legale” l’espediente di portare in avanti di un’ora le lancette dell’orologio adottato ogni anno da marzo a ottobre. Questa si chiama semplicemente “Ora Estiva”. L’Ora Legale è, come detto, quella del Tempo Civile ufficializzata in Italia con regio decreto 22 settembre 1866, n. 3224. MOX NOX: Presto si fa notte.

Capitolo 3

I Sistemi Orari. Riflessioni e divagazioni sulla misura del tempo a cura dello gnomonista Alberto Suci.

Prima parte.
Nel corso dei secoli i criteri di misurare il trascorrere delle ore durante il giorno chiaro (i cosiddetti “sistemi orari”) hanno subito molteplici cambiamenti, strettamente correlati alle continue diverse esigenze della vita quotidiana. Di conseguenza anche gli strumenti solari inventati e continuamente perfezionati dall’uomo hanno seguito le stesse vicende. Quando ci troviamo di fronte ad un orologio solare la prima cosa che osserviamo è il disegno complessivo e in

Ore canoniche

particolare la distribuzione del tracciato delle linee orarie, delle linee calendariali e la disposizione dello gnomone. Dal disegno siamo in grado di capire per quale tipo di sistema orario è stato costruito l’orologio. Per una sua corretta interpretazione è importante conoscere questi sistemi orari. In origine, la necessità di misurare il trascorrere delle ore era poco avvertita durante il giorno-chiaro ed era semplicemente limitata alla conoscenza del momento di massima intensità di luce (il mezzodì), immaginaria linea di confine fra mattino e pomeriggio e il diminuire della stessa nelle ore prossime al tramonto, per programmare il rientro per il riposo notturno. Nella notte non vi era alcuna necessità di contare le ore; si aspettava l’alba. L’attenzione era più rivolta a determinare il ritorno delle stagioni, appuntamenti molto importanti per le attività di caccia e agricoltura. A tale scopo servivano i cosiddetti “menhir” enormi stele di pietra singoli o in file (quelli della Bretagna risalgono a circa 5000 anni fa), i complessi megalitici “i cromlech” (celebri quelli di Stonehenge) e gli obelischi egiziani, per mezzo dei quali era possibile compilare una sorta di calendario

Merkhet

lunisolare. I primi elementari segnatempo solari si perdono nella notte dei tempi. L’osservazione della variazione dell’ombra di un semplice bastone conficcato verticalmente nel terreno, con funzione di gnomone, permetteva durante le ore di Sole di capire a che punto era il trascorrere della giornata: al mattino l’ombra si presenta molto allungata per ridursi gradualmente fino a raggiungere la minima lunghezza a mezzodì, e riprendere il graduale allungamento fino al tramonto. Numerosi furono i metodi escogitati, noto è il “Merket” egiziano semplice strumento portatile a forma di T o L realizzato in legno, pietra e avorio risalente al 1500 – 1400 a.C.

La suddivisione dell’arco di tempo costituito da un periodo di luce e uno di buio consecutivi in 24 parti o ore, definito “giorno”, risale all’VIII secolo a.C. e viene attribuita agli antichi popoli del bacino della Mesopotamia: Caldei, Assiri e Babilonesi. Questi popoli erano dei grandi osservatori dei fenomeni celesti e acquisirono notevoli conoscenze che permisero loro di gettare i fondamenti su cui si basano le conoscenze più moderne. Stabilirono la lunghezza approssimata dell’anno solare di 360 giorni, la fascia zodiacale intervallata di 30° fra ciascuna costellazione corrispondente a circa un mese di 30 giorni, la suddivisione sessagesimale dell’ora, la suddivisione in 360° dell’angolo giro che conduce al frazionamento del cerchio in sei parti di 60° per la costruzione geometrica dell’esagono e del triangolo equilatero. Questi sintetici richiami agli originari metodi di misura delle ore ci introducono, di fatto, nel tema proposto: i sistemi orari. La suddivisione del giorno in dodici ore di luce e altrettante di buio porta alla conseguenza che per le regioni terrestri di media latitudine l’ora ha lunghezza variabile nei vari periodi dell’anno. Per la nostra latitudine di circa 44° Nord, la lunghezza dell’ora di luce al solstizio invernale è di circa 45 minuti, agli equinozi di circa 61 minuti e al solstizio estivo di circa 77 minuti. Questo è il sistema delle ore inaequales o temporarie che sarà usato da tutti popoli civilizzati – Babilonesi, Egiziani, Greci e Romani – fino a tutto il primo millennio. Al diminuire della latitudine con l’avvicinarsi alla fascia equatoriale, la differenza di lunghezza dell’ora si attenua fino a uniformarsi sulla linea equatoriale. Nell’antico mondo pagano greco-romano le ore temporarie vengono chiamate ore planetarie perché ciascuna ora è governata da un pianeta con cadenza ciclica settimanale. Nel mondo cristiano queste ore vengono chiamate giudaiche perché ampiamente citate nei Vangeli. Nelle giudaiche l’arco notturno è diviso in quattro veglie, le vigilia e corrispondenti al cambio della guardia delle sentinelle nei presidi romani. Nell’Europa occidentale ci sono state tramandate numerose testimonianze di orologi solari a ore temporarie da noi più conosciute come ore canoniche. Questo temine deriva da Canone o Norma delle Preghiere che ebbe grandissima diffusione con l’instaurarsi del monachesimo medioevale di cui abbiano la maggiore testimonianza in San Benedetto da Norcia che intorno al 529 fondò l’ordine monastico dei Benedettini con rigide norme di comportamento dettate con “la Regola” e il celebre motto “Ora et Labora”. Ogni giorno del monaco benedettino doveva essere rigidamente programmato con alternanza di preghiere e lavoro nel monastero, anche la notte doveva essere intervallata da periodi di riposo e di preghiere. Entro lo scadere di ogni gruppo di tre ore, dovevano essere recitate le preghiere. Il seguente schema riassume i vari momenti:(vedi foto 2)

Il confronto con le ore moderne è il seguente: l’Alba o Ora Prima coincide con le nostre ore 6, segue un periodo di tre ore dell’Ora Terza che termina alle nostre ore 9, segue un altro periodo di tre ore dell’Ora Sesta (ora del pasto) che termina alle nostre ore 12, e a seguire l’Ora Nona (ore 15), Ora Duodecima o Tramonto o Vespro (ore 18, ora della cena). Segue la Compieta, un’ora dopo il tramonto (ore 19), il Notturno (ore 2), le Laudi (immediatamente prima dell’Alba (ore 6). Le ore della notte e quelle del giorno erano scandite anche dai rintocchi di una campanella (1, 2, 3,) come indicato con i pallini neri nello schema. Il tracciato dell’orologio solare a ore canoniche è molto semplice e facilmente riconoscibile. E’ costituito da un semicerchio suddiviso in 12 parti con uno gnomone posizionato nel centro di convergenza delle linee orarie, perpendicolarmente alla parete. E’ anche molto semplice da costruire: basta individuare una parete bene esposta a mezzogiorno (rivolta al Sud), piantare un lungo chiodo che avrà la funzione di gnomone e facendo centro in esso tracciare con una corda un semicerchio che sarà suddiviso in 12 parti evidenziandole tre per tre.

La presenza più numerosa di questi orologi si trova in Irlanda. Dalle nostre parti e ormai difficile incontrarli restano rari esemplari in qualche monastero benedettino. A Firenze è possibile ammirare il bell’esemplare collocato nel 1333 su un vecchio edificio al centro di Ponte Vecchio.        (continua……)  “MANEO NEMINI” – Non mi fermo per nessuno. Cieli sereni a tutti.

 

Capitolo 4

Che ore sono?  Riflessioni e divagazioni sulla misura del tempo a cura dello gnomonista Alberto Suci.

Nella prima parte abbiamo esaminato come si misurava il tempo nelle epoche più antiche con riferimento, essenzialmente, agli archi di luce e di notte d’ogni giorno. La conseguenza di questo criterio di misurazione era quella di avere differenti lunghezza dell’ora nelle diverse stagioni dell’anno, poiché mantenendo costante il numero delle ore negli intervalli di luce e di buio di ampiezza variabile nelle varie stagioni, si produceva una diversa lunghezza di ciascuna ora. Queste ore venivano definite temporarie o ineguali.

Le ore ineguali rimasero in uso fino alla seconda metà del 1200 quando si cominciò ad avvertire l’esigenza di avere un metodo di misura più uniforme e costante, non tanto per regolare le attività giornaliere, che sostanzialmente

Meridiana

rimanevano ancora legate alla luce e al buio d’ogni giorno, ma perché questo sistema non era in accordo con il tempo scandito dagli orologi meccanici, che per le loro prerogative di scandire il tempo uniforme ebbero rapido sviluppo ed ampia diffusione a partire dal XIV secolo. Nasce l’Ora Equinoziale od Ora Uguale con evidente riferimento alla lunghezza di un’ora all’Equatore terrestre presso il quale sappiamo che l’arco diurno ha la stessa ampiezza di quello notturno in ogni giorno dell’anno. Le ore equinoziali ebbero subito una decisa distinzione:

–          Ore Babiloniche (dette anche Ab Ortu, Caldee, Egizie) con inizio del conteggio all’alba d’ogni giorno e il compimento della ventiquattresima ora all’alba del successivo. Il nome deriva dall’abitudine dei popoli del Medio Oriente di fare iniziare un nuovo giorno nell’istante dell’alba. Nei popoli occidentali tale sistema non ebbe mai diffusione e i pochi esemplari d’orologi costruiti hanno avuto soltanto una funzione dimostrativa, spesso abbinati a quelli ad ore italiche di grandissima diffusione.

–          Ore Astronomiche usate per esclusivo uso scientifico dagli scienziati e studiosi d’astronomia del passato. Il conteggio del tempo (e quindi del giorno) iniziava nell’istante del mezzodì locale facilmente rilevabile con precisione sulla linea meridiana.

–          Ore Italiche Solari (dette anche Ab Occasu, Boeme) con inizio del conteggio al tramonto d’ogni giorno, e il compimento della ventiquattresima ora al tramonto successivo secondo l’antica tradizione biblica. Col tramonto finiva un giorno e ne iniziava un altro, la notte apparteneva interamente al giorno successivo. Queste ore ebbero grandissima diffusione in Italia (da qui il nome), specialmente nel mondo cattolico e rimasero in uso fino ai primi anni del 1800. Durante il 1600,   prevalentemente in Italia, per l’uso comune civile e religioso fu adottata l’Ora Italiana da Campanile della stessa durata di quella solare, ma con la differenza che la ventiquattresima ora non coincideva con il tramonto del Sole bensì mezz’ora dopo, quando all’incirca termina il Crepuscolo, in modo da farla coincidere con il suono dell’Ave Maria. Certamente le generazioni più avanti negli anni ricordano certe espressioni popolari appartenenti ad uno stile di vita ormai definitivamente scomparso: “suona l’Ave Maria” oppure “suona la ventiquattresima ora” e quella più nota “portare il cappello sulle ventitré”, cioè disporsi il cappello inclinato sulla fronte per ripararsi gli occhi dal Sole basso quando appunto è prossimo al tramonto (mezz’ora prima circa). La letteratura richiama spesso l’uso delle ore italiche: citiamo per tutti il Manzoni, bene attento agli usi e costumi dell’epoca nella quale si articolano le vicende dei Promessi Sposi. Al capitolo XI a proposito del barocciaio che aveva accompagnato Agnese e Lucia al convento di Monza per sfuggire a Don Rodrigo si legge: [il fatto sta che il buon uomo da cui erano state scortate le donne a Monza, tornando verso le ventitré ,con il suo baroccio a Pescarenico] dunque mezz’ora prima del tramonto secondo l’ora italica da campanile; e ancora nel capitolo XVII a proposito della

Meridiana

fuga di Renzo e il suo riposo notturno presso la riva dell’Adda si legge [Quando finalmente quel martello (l’orologio di Trezzo) ebbe battuto undici tocchi, che era l’ora designata da Renzo per levarsi] cioè undici ore dopo il tramonto corrispondenti all’incirca alle moderne ore cinque e mezzo del mattino dopo. Il sistema orario ad ore italiche nel contesto della semplice e lenta vita quotidiana del tempo, quando conoscere l’ora aveva scarsa importanza e limitata ai momenti salienti della giornata quali il mezzodì per la pausa del pasto o il tramonto del Sole per porre termine al lavoro e avere il tempo necessario per rientrare alla residenza, aveva il vantaggio e la comodità di conoscere immediatamente quante ore di luce rimanevano ancora a disposizione facendo la semplice sottrazione a 24 dall’ora indicata dall’orologio.

–          Ore Moderne (dette anche Francesi, Tedesche, Oltremontane) con inizio del conteggio alla mezzanotte, tuttora utilizzato, istante nel quale termina un giorno e ne inizia un altro. Le ore erano suddivise in due gruppi di dodici denominati “ore antimeridiane” e “ore pomeridiane”. Mentre in Italia, come detto, erano utilizzate le ore italiche, nei paesi d’Oltralpe già da alcuni secoli le ventiquattr’ore erano suddivise praticamente come ai giorni nostri, metodo peraltro sperimentato anche dagli antichi greci. Da noi quest’usanza prese il nome d’Ora Oltremontana, cioè delle genti che abitano aldilà dei monti.  Sul finire del 1700, con la campagna francese e l’occupazione di buona parte dell’Italia settentrionale, fu reso obbligatorio l’uso francese della misura del tempo con la legge emanata dal Senato della Repubblica Francese nel 1798 “il giorno 8 messifero (attuale giugno) dell’anno VI dell’era repubblicana. Di qui la denominazione d’Ora francese. Il popolo non gradiva il cambiamento, abituato per secoli all’ora italica e le resistenze furono notevoli, tant’è che vennero istituite pesanti sanzioni pecuniarie per quelle Autorità cittadine che non si fossero adeguate alla norma francese. Certo è che le difficoltà tecniche furono notevoli: si dovette ridisegnare gli orologi solari con il sistema alla francese e procedere alla modifica dei ruotismi di quelli meccanici  ad ora italica dotati di quadrante suddiviso in ventiquattrore con una sola lancetta oppure a sei ore in quelli cosiddetti “alla romana”, applicando un nuovo quadrante suddiviso in dodici ore e dotato della seconda lancetta dei minuti. In tale rivoluzionario cambiamento, emerge un personaggio pubblico di grande importanza, “il Temperatore”, una persona stipendiata dalla municipalità che ogni giorno illuminato dal Sole aveva l’incombenza di regolare sul mezzogiorno l’orologio meccanico pubblico nell’istante del mezzodì solare indicato da un orologio solare o da una linea meridiana che quasi sempre erano abbinati a quello meccanico. In alcuni paesi del comprensorio pistoiese ne resta ancora testimonianza.

Come considerazione finale possiamo oggi affermare che l’ora alla francese risponde assai meglio alle esigenze moderne rispetto all’ora italica legata al tramonto del Sole, peraltro di stima incerta, ma soprattutto importante perché anche l’Italia e successivamente le altre Nazioni dell’area mediterranea si uniformavano ai Paesi europei aldilà delle Alpi, significativo primo passo di un lungo e tormentato cammino verso l’unificazione europea che muoverà i primi incerti passi oltre due secoli dopo.

CARPE DIEM (Orazio – Odi 1,11,8). Cogli l’oggi, cogli l’attimo fuggente.

Capitolo 5

EQUINOZI E SOLSTIZI

Gli importanti appuntamenti annuali della Terra con il Sole: argomentazioni a cura di Alberto Suci.

Lo scorso 22 settembre alle ore 16 e 30 minuti TU (Tempo Universale) è avvenuto l’Equinozio di Autunno. In questo giorno metà della superficie della Terra è stata illuminata mentre l’altra metà è rimasta in ombra. Il circolo di illuminazione ha tagliato  in due parti la superficie terrestre fra i due poli e la conseguenza è stata di 12 ore di luce e altrettante di buio in ogni angolo terrestre.

ǼQUA NOX, dicevano gli antichi, uguali il giorno e la notte.

La Terra, come è noto, nel suo peregrino cammino annuale intorno al Sole, percorre con velocità non costante un’orbita leggermente ellittica ed il tempo impiegato a compiere una rivoluzione completa si chiama Anno.

In astronomia si definiscono vari tipi di Anno, ma qui, per semplicità, definiamo soltanto i due tipi principali e cioè:

  • l’Anno Sidereo il tempo impiegato dalla Terra per compiere il vero periodo di rivoluzione, la cui lunghezza vale 365,25636042 giorni. Questo anno non ha rilevanza per i comuni usi civili;
  • l’Anno Tropico (da tropos = ritorno) il tempo impiegato dalla Terra fra due passaggi consecutivi in un punto singolare dell’orbita che si chiama punto gamma o punto vernale,  la cui lunghezza vale 365,24219879 giorni. Questo punto, immaginario sulla volta celeste, è il punto d’intersezione dell’Equatore celeste (cerchio massimo immaginario che possiamo definire l’estensione nello spazio del cerchio massimo dell’Equatore terrestre, con l’Eclittica, cioè la traiettoria immaginaria annuale descritta dal Sole con il suo apparente movimento, giacente quindi sullo stesso piano dell’orbita della Terra. La lunghezza dell’anno tropico costituisce la base di compilazione del calendario civile.

Senza entrare in argomenti astronomici approfonditi, che esulano dalle finalità di questi articoli divulgativi, spieghiamo brevemente i concetti.

Il piano dell’equatore terrestre è inclinato di circa 23,5° rispetto al piano dell’orbita di rivoluzione della Terra e quindi anche l’Equatore celeste e l’Eclittica sono inclinati dello stesso angolo. L’asse della Terra o “asse del mondo” come ama definirlo lo scrivente – è inclinato di circa 66,5° rispetto l’orbita.

I due punti di intersezione diametralmente opposti di questi due piani vengono rispettivamente denominati punto gamma o vernale e punto libra o più genericamente punti equinoziali.

I punti solstiziali sono invece i due punti dell’Eclittica più lontani angolarmente dal piano equatoriale celeste, anch’essi diametralmente opposti, distanti di circa 23,5° al disopra e al disotto di quest’ultimo. (questo valore viene correntemente arrotondato a mezzo grado, ma per l’esattezza nel corrente anno 2004 risulta essere di 23, 439° e varia lentissimamente nel corso dei secoli.

Queste reciproche posizioni Sole–Terra, ricorrenti annualmente e con la concomitanza dell’inclinazione dell’asse del mondo, danno luogo al fenomeno delle stagioni che permettono lo sviluppo e il mantenimento della vita sulla Terra in ogni sua espressione.

Riassumendo:

  • Il Sole nel punto gamma: è l’Equinozio di Primavera. Inizia la stagione astronomica della Primavera (21 marzo). Questo fenomeno celeste riveste particolare importanza, come detto, per gli usi civili ed altrettanta per gli usi religiosi cristiani poiché impone ogni anno la data della celebrazione della Pasqua. In questo giorno il Sole trovandosi sull’Equatore celeste è perpendicolare sull’Equatore terrestre e quindi gli abitanti dei paesi colà situati vedono il Sole verticale sulle loro teste. In gergo “Sole allo Zenit”;
  • Il Sole nel punto sostiziale sopra l’Equatore celeste di circa 23,5°: è  il Solstizio d’Estate. Inizia la stagione astronomica dell’Estate nel nostro emisfero boreale (21 giugno). In gergo si dice che in questo giorno il Sole percorre il “tropico del Cancro” della sfera celeste e pertanto nei paesi dell’omonimo tropico terrestre cioè situati a 23,5° di latitudine Nord il Sole è allo Zenit. Nelle nostre località in questo giorno il Sole ha una altezza sopra l’Orizzonte di circa 69,5°;
  • Il Sole nel punto libra: si compie l’Equinozio di Autunno. Inizia la stagione astronomica dell’Autunno (22 o 23 settembre) con le situazioni astronomiche identiche al corrispettivo punto gamma;
  • Il Sole nel punto sostiziale sotto l’Equatore celeste di circa 23,5°: è il Solstizio d’Inverno. Inizia la stagione astronomica dell’Inverno nel nostro emisfero boreale (21 o 22 dicembre). Il Sole in questo giorno percorre il “tropico del Capricorno” della sfera celeste e pertanto nei paesi dell’omonimo tropico terrestre cioè situati a 23,5° di latitudine Sud  il Sole è allo Zenit.  Nelle nostre località in questo giorno il Sole ha una altezza sopra l’Orizzonte di circa 22,5°.

Nel corso dei secoli passati la ricorrenza di questi appuntamenti celesti è sempre stata seguita con grande attenzione dal genere umano. Nell’antichità si poneva particolare attenzione all’orientamento dei luoghi di culto con riferimento agli equinozi ed ai solstizi. Lo testimoniano gli antichissimi “dolmen” e il complesso megalitico di Stonehenge. Nel famoso tempio di Abu Simbel in Egitto i raggi del Sole al solstizio estivo illuminavano la statua del celebre faraone Ramses II. Nel Medio Evo le chiese venivano rigorosamente costruite sull’allineamento Est-Ovest (con l’abside dalla parte est e l’entrata dalla parte ovest) secondo il detto che “Oriente Lux – la luce proviene da oriente”.

Nelle usanze popolari si festeggiava il solstizio d’estate con grandi fuochi, i cosiddetti “fuochi di San Giovanni” che cade il 24 giugno. Al solstizio invernale si festeggiava la fine del giorno breve e il ritorno dell’ascesa del Sole, a simboleggiare la ripresa della vita e la fecondità della Terra.

Ai giorni nostri credo si festeggi poco o niente, perché la vita continua anche nelle notti splendenti di luce artificiale e la fecondità della Terra nell’immaginario collettivo è ormai un concetto obsoleto perché esistono i supermercati.

Cieli sereni a tutti.

AB SOLIS  ORTU USQUE AD OCCASUM: Dall’alba al tramonto.