Il Barco Reale Mediceo venne realizzato nel XVI secolo e costituiva una delle più importante riserve di caccia della famiglia dei Medici: il toponimo barco stava ad indicare un terreno boschivo circondato da un recinto, in questo caso un territorio delimitato da un robusto muro al cui interno di trovavano tante specie di animali da poter cacciare. Il muro di questa bandita partiva da Poggio alla Malva, dove ancora oggi si trova la Porta d’accesso, raggiungeva Vitolini, Mignana, Faltognano, Papiano, sfiorava San Baronto, aggirava il Montalbano spingendosi sul lato nord oltre il Colle di Montefiore, arrivava a Montemagno (nei pressi del cimitero di questo paese, lungo la strada che conduce a Lucciano, si trova ancora la Casa del Guardia del Barco), sfiorava Campiglio e Villa la Magia, risaliva subito al di sopra degli abitati di Lucciano, in località Bindino, Montorio e Buriano, raggiungeva Spazzavento, oltrepassava a nord il borgo di Bacchereto, superava Santa Cristina a Mezzana e, infine, raggiungeva Artimino, dove si trova la grande villa La Ferdinanda, che era la residenza di caccia dei Medici, e Poggio alla Malva. I lavori di costruzione del Barco Reale iniziarono nel 1624 e terminarono nel maggio del 1626 sotto il regno di Ferdinando I: il muro di recinzione, costruito in pietre di arenaria e arenaria macigno di dimensioni molto grandi, legate con calce, era dotato di cancelli e piccoli ponti per il passaggio delle acque. Mentre i cancelli sono del tutto scomparsi, restano ancora piccole tracce dei ponti e delle cateratte. Le mura delimitavano una grande estensione di terreno, circa cinquanta km., di cui ne restano tracce per trenta km.. Al suo interno si trovavano numerose fattorie, come quella di Ginestre (nei pressi di Verghereto), di Artimino e molte case abitate dalla Guardie(chiamate Birri): sulla sommità del monte Pietramarina troviamo proprio il Casino dei Birri. Questo edificio nel 1700 ospitava le guardie dei Lorena che sorvegliavano l’interno del perimetro del Barco Reale Mediceo, controllavano l’osservanza delle prescrizioni per il taglio del bosco e avevano il compito di tutelare il patrimonio faunistico e boschivo della tenuta. Esistevano, infatti, delle regole molte rigide riguardo la caccia, il taglio dei boschi e il mantenimento delle mura. Con l’avvento dei Lorena nel 1738 il Barco fu soggetto ad uno sfruttamento più razionale: la gestione diretta delle fattorie granducali venne affidata agli affittuari , che avevano il compito di anticipare la rendita al proprietario. Sempre ai Lorena si deve la suddivisione del Barco in dieci parti, chiamate decimi, per la rotazione dei tagli degli alberi e la realizzazione di una pianta del perimetro della bandita attribuita a Bernardo Sgrilli. Tale planimetria dettagliata fa capire che nella alla metà del Settecento l’interesse per il Barco era esclusivamente legato al commercio del legname: dopo la seconda metà del XVIII secolo, per la diminuita richiesta di legname e per i costosi lavori di manutenzione necessari, il Barco venne dimenticato. Il granduca Pietro Leopoldo tentò di ripristinarlo, ma venne fermato nelle sue intenzioni dalle ingenti spese che si sarebbero dovute affrontare: così il 13 luglio 1772 giunse inevitabile la sbandita del Barco Reale, che decretò anche la vendita della fattorie in esso contenute e la demolizione di alcuni tratti delle mura. Nell’Ottocento, poi, le pietre del Barco vennero usate per delimitare poderi e terreni privati: così oggi non sono molti i tratti visibili.
Mura del Barco in località Midolla | Mura del Barco in località Madonnino |
Mura del Barco in località Bindino
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