Il Passo della Croce Arcana (1699 m. s.l.m.) si trova nell’Appennino tosco – emiliano, lungo il crinale che divide la Toscana dall’Emilia. E’ stato frequentato fino dall’antichita’, anche se e’ divenuto veramente importante solo dopo l’anno Mille, quando crebbero le fortune di Cutigliano. Infatti, il 17 novembre 1225 Pistoiesi e Modenesi stipularono a Fanano un accordo per rendere agibile una strada che congiungesse Pistoia e Cutigliano da una parte e Fanano e Modena dall’altra, attraverso questo naturale valico appenninico: si parla di agibilita’ e non di costruire ex – novo una strada per cui e’ evidente presupporre che una traccia di strada ci fosse anche allora, ancorché impraticabile. Nei pressi del Passo si trova il Rifugio Armando Manzani, intitolato a un grande personaggio, che scalo’ in bicicletta le vette dell’Appennino e delle Apuane, ma che fece anche il giro d’Italia con la sua robusta bici da donna: si era negli anni Quaranta e Cinquanta del XX secolo. Leggete il racconto sottostante rimarrete sbalorditi!!!
Dalla Doganaccia (quota 1504,) ci incamminiamo sul sentiero CAI n. 6 che si snoda proprio sulla strada carrozzabile Cutigliano – Fanano e che ci conduce al Passo della Croce Arcana (quota 1669, 30 minuti dalla partenza).
LA STORIA DI ARMANDO MANZANI
DI IVO BELLUCCI TRATTO DAL LIBRO “APPENNINO PISTOIESE – 64 ESCURSIONI” DI ROBERTO RECATI E FABIO FAVAGROSSA – TAMARI MONTAGNA EDIZIONI
Ora che percorrere i sentieri scoscesi e magari avvicinarsi alle vette delle Alpi e degli Appennini, sembra divenuta un’impresa relativamente facile inforcando quelle mountain bike venute alla ribalta sportiva, così dotate di ingranaggi, leve, rapporti dentati, moltipliche, accessori ecc. ecc. cosi invitanti, tanto che i giovani ed anche i maturi, con un po’ di pancia, ma sempre ben portanti, d’ambo i sessi, hanno riscoperto il piacere della pedalata sciolta; con i tempi che corrono insomma, penso che meriti di essere ricordato un uomo che può davvero considerarsi un pioniere delle scalate di montagna. Intendo parlare di Armando Manzani. Un personaggio che ebbi il piacere di conoscere e di raccontare nella cronaca giornalistica per le sue imprese ciclo podistiche. Sarà bene premettere che il nominato Armando fu anche uno dei primi in Italia a prendere la patente di guida per gli autoveicoli ed appena gli fu possibile, volle provare anche l’ebbrezza del volo. Proprio un asso, Vasco Magrini, già famoso per la sua spregiudicatezza a manovrare un biplano (di quelli a due ali con l’elica da avviare a mano) gli fece da padrino e da pilota nel battesimo dell’aria con un volo sopra Firenze. Si era negli anni venti, teniamone conto. Con la sua motocicletta imperversò – è il caso di dirlo e qualcuno dei vecchi ne parla ancora – lungo le polverose, ghiaiose e d’inverno pure motose, strade della Toscana nel periodo 1905/1925. Si trattava di uno sferragliante macchinone al quale il Manzani, che in quei tempi venne preso dal pallino della meccanica, aveva apportato modifiche, aggiunte a varianti per aumentare la potenza. C’e’ chi diceva che fosse azionato da accumulatori e batterie elettriche , ed ora non possiamo immaginarci come ciò avvenisse ma resta certo che le ruote giravano ed il motore faceva un fracasso tale che una volta (non credo di essere irriverente ricordando un episodio conosciuto dalle nostre parti) il buon Armando, impegnato nella guida, non si accorse di aver scaricato la moglie Albina che stava sullo strapuntino dietro di lui, e dovette tornare indietro per circa un chilometro a ricercarla; fortunatamente la signora se l’era cavata soltanto con qualche ammaccatura e moltissimo spavento. Poi con il passare degli anni e la famiglia da allevare il Manzani, che abitava a Limestre per ragioni di lavoro, incominciò a dedicarsi a passatempi meno perigliosi e divenne soprattutto un’amante della montagna. Per questa sua passione, che univa a quella per la bicicletta e per la fisarmonica (di cui era un eccellente suonatore) era conosciutissimo dappertutto. Con la sua fida Wilma (una robusta bicicletta da lui attrezzata per i lunghi percorsi) aveva girato quasi tutta la Penisola, pedalando fin che c’era strada, viottolo o sentiero e camminando quand’era costretto a scendere di sella. Era salito facendosi portare o portandosi dietro la Wilma sui monti più alti delle Apuane e dell’Appennino: la Pania, il Cimone, il Libro Aperto, il Corno alle Scale e sulle Alpi il Gran San Bernardo, il rifugio Torino sul Monte Bianco, i passi delle Dolomiti. Era un veterano del Club Alpino Italiano e del Touring Club, sempre presente alle feste ed ai raduni all’aria aperta per accompagnare sposalizi, canzoni, balli e salti con la sua fisarmonica. La cronaca ebbe modo di occuparsi più volte delle sue imprese ciclo montane. Una sessantina di anni fa, su La Nazione, apparve una sua foto scattata sulla Pania delle Apuane dov’era arrivato con la solita bicicletta; e fu proprio in quella occasione che venne presentato come il Bersagliere dei monti. Un’altra istantanea ce lo mostra sulle rive del lago Scaffaiolo verso i 2000 metri di altitudine. Nel 1954, a settantasei anni suonati, ormai pensionato, volle offrirsi un lungo giro per l’Italia, pedalando senza fretta, ma allegramente, per un mesetto, sul seguente percorso: Limestre, Viareggio, La Spezia, S. Margherita, Genova, Alessandria, Torino, Aosta (con passaggio e sosta di un paio di giorni dai frati del S. Bernardo), Bergamo, Milano, Como, Lecco, Bolzano, Venezia, Rimini, S. Marino, S. Leo, Mugello, Perugia, Roma, Grosseto, Volterra, Firenze, Pistoia, Limestre. Si fermava quando ne aveva voglia e trovava sempre qualche amico che l’ospitava. Ai familiari, ai nipoti, rimasti a casa, arrivavano le cartoline con i saluti del nonno dai posti più belli. Per festeggiare il suo ottantesimo compleanno, nel 1958, andò con la Wilma, a vedere la Sicilia, approfittando dell’occasione per salire fino al cratere dell’Etna. Armando Manzani scomparve nel dicembre del 1961 nella sua casa di Limestre. Era nato a Massa Marittima nell’ottobre del 1878 ed aveva quindi passato abbondantemente il traguardo dell’ottantina, ma si era mantenuto fino agli ultimi suoi giorni sorprendentemente giovanile soprattutto nello spirito. L’anno precedente alla sua definitiva partenza aveva compiuto l’ultimo suo bravo giro d’Italia. Nel 1964 al suo nome venne intitolato il rifugio della Croce Arcana sopra Cutigliano, uno dei luoghi dove con la bicicletta andava più volentieri. Il suo ricordo è ancora vivo in tutti i montanini che lo conobbero e simpatizzarono con lui quando girava in lungo ed in largo per le strade e le montagne del nostro paese. Di Armando Manzani possiamo dire, senza timore di esagerare che fu veramente un uomo in gamba, un uomo semplice e cordiale, dalla parlantina facile ed arguta, una persona simpaticissima; insomma una di quelle caratteristiche figure che ormai nel nostro tempo e sempre più difficile incontrare e che per questo restano più care nel ricordo e nell’affetto. Consentitemi, galoppando parecchio con la fantasia, di rammentarlo ancora immaginandolo, pedalante con la sua fedele Wilma sui lunghi percorsi dell’aldilà